Mercoledi 7 novembre 2012 presso la sede della Famiglia Comasca in via Bonanomi a Como, sarà presentata la nostra ultima pubblicazione “Le Chiese in Albate e Trecallo storia, arte Fede”. Interverranno il rag. Piercesare Bordoli, il prof. Alberto Rovi e la prof.ssa Franca Aiani.
Serata delle grandi occasioni con un pubblico foltissimo, attento e qualificato lunedì 2 luglio alla sala della Comunità di Albate: è così sempre quando Agorà presenta qualche volume frutto delle ricerche sulla storia di Albate. Una serata che è iniziata con i saluti della presidente di Agorà, Maria Montorfano, e del nuovo assessore alla Cultura, dott. Luigi Cavadini, assiduo frequentatore ed estimatore delle iniziative espositive di Agorà a partire dalla mostra del 1988.
“Il volume “Le chiese in Albate e Trecallo – storia , arte, fede” è stato pensato quasi tre anni fa – ha detto Franca Aiani, coordinatrice del progetto, – per dare significato ad una tappa importante, quella del 35° di vita di Agorà. Del resto la ricerca storica è uno dei filoni più importanti della associazione, forse il più caratterizzante in un’ottica di cultura condivisa che parte dal confronto con la conoscenza della propria comunità come mezzo per meglio conoscere se stessi e quindi dare un senso alla vita.” Una ricerca che si è dilatata oltre il tempo inizialmente previsto proprio perché si è via via arricchita di scoperte di documenti di archivio, di dati inediti, di interessanti considerazioni, sempre in un’ottica di scoperta del legame intenso che ha unito le due comunità Albatese e Trecallese ai luoghi di culto, come luoghi di manifestazione di una Fede radicata e vissuta. Il prof. Alberto Rovi ha quindi illustrato le tappe significative del proprio contributo che ha consentito di completare le vicende dell’ampliamento ottocentesco della chiesa di Albate e anche di avanzare ipotesi interessanti, storicamente fondate su nuovi dati di archivio, sulla attribuzione di due dipinti presenti in Trecallo.
Le immagini proiettate hanno meglio accompagnato i presenti in questo affascinante percorso conoscitivo. Un corposo contributo nel libro è quello che monsignor Enrico Malinverno ha dedicato alla raccolta puntigliosa delle notizie relative ai sacerdoti: un ricerca meticolosa che fornisce una panoramica ampia di chi fu sacerdote in Albate e anche di chi, Albatese, ha risposto ala vocazione sacerdotale. Don Enrico, di cui ricorre il 10 luglio il primo doloroso anniversario della morte, avrà certamente guardato con soddisfazione dal Cielo il risultato di un lavoro che aveva definito “per lui appassionante ed appagante”. Un lavoro composito, quello che è presente nel volume, che si è avvalso delle competenze di validi ricercatori e storici ed anche della cura ben calibrata nella ricerca e resa fotografica (l’esperto è Luigi Zanfrini, che ha lavorato su parecchie migliaia di immagini per scegliere le più adatte), da un ottimo progetto grafico del dott. Guido Rovi, e da una stampa nitida ed efficace grazie al lavoro di Raffaella Tagliabue con sviluppofoto.net.
La conclusione di don Antonio, parroco dal 1991 (“La comunità cristiana di Albate ha sempre cercato di essere vitale nella Fede e di condividere il proprio cammino con operosità evangelica”), e un brindisi benaugurale hanno concluso lietamente una serata di incontro culturale ad alto livello.
La Chiesa non è altro che la Casa di Dio e la Porta del Cielo E’ sempre bello e pieno di significati ricostruire la storia del sorgere e dello svilupparsi della costruzione di una chiesa di una comunità, perché ci porta a riflettere e a riscoprire la fede di chi ci ha preceduto, le attese e le speranze di un paese. Ho avuto modo anch’io in questi anni di lasciarmi prendere dal desiderio di conoscere, di approfondire e di confrontare tanti indizi, piccoli o grandi che mi capitavano per le mani, che appartenessero alla comunità di Albate e di Trecallo, alle sue chiese, alla sua storia, alle sue tradizioni. Ma non ho avuto né il tempo né le occasioni di ampliare le mie conoscenze se non attraverso le pubblicazioni dell’Agorà. Per questo sono grato a chi oggi ha voluto affrontare con passione e impegno la ricerca e l’approfondimento delle vicende legate alle chiese del nostro territorio in modo che siano un invito per tanti a ripensare a tante cose e a tante situazioni sulle quali non ci era mai capitato di soffermarci.
Sono momenti di vita di famiglie, di un quartiere, sono progetti che hanno infervorato i cuori e gli animi di tante persone, sono fatiche che sono esperienze forti di una fede cristiana, di una condivisione che hanno reso e credo potrebbero rendere ancora più bella e più piena di valori la nostra vita. Riscoprire il passato non è fuggire dal presente e nemmeno cercare un motivo di consolazione e di speranza in mezzo a difficoltà e fatiche che sono sempre più grandi. Anzi si resta meravigliati e stupiti di quello che un tempo i nostri antenati hanno saputo credere e vivere a tal punto che a volte ci si sente quasi … sorpassati. Persone, progetti, edifici, quadri, pietre , affreschi, campane, notiziari, documenti conservati nell’archivio della parrocchia, ci parlano del passato e ci fanno scoprire una realtà che porta con sé una ricchezza che non può essere dimenticata e non valorizzata.
Allora come non pensare a sacerdoti che con la loro vita hanno avuto il coraggio di percorrere strade nuove di impegno e di generosità, oppure come non rivalutare persone che hanno saputo dare del proprio tempo, del proprio lavoro, della loro vita per lasciare un segno che richiamasse i valori in cui avevano creduto. Mi è caro anche ricordare persone che nella semplicità della vita di ogni giorno, attraverso un lavoro continuo, hanno dato esempi di carità e di generosità e hanno seminato lungo i secoli la forza di quell’Amore che non conosce stagioni. Conoscere la nostra storia e le vicende della nostra chiese non è rifugiarsi all’indietro, ma avere la buona volontà di guardare in avanti e raccogliere quegli inviti e quelle provocazioni che ci fanno sentire sempre vivi, che ci risvegliano all’impegno. Conoscere le nostre chiese vuol dire allora essere capaci di interrogarci sulla nostra fede, sul nostro essere comunità, sul modo di vivere la comunità e di essere presenti e testimoni nel nostro mondo. Se ci capita di fermarci a pregare e a meditare nelle nostre chiese e soprattutto nella chiesa parrocchiale proviamo a stare in silenzio, a guardare e ad ascoltare.
Oltre che dalla presenza del Signore nel prezioso Tabernacolo, dal grande Crocifisso, dall’immagine della Madonna, saremo attirati dal quadro maestoso di S.Antonino martire, il nostro patrono, ci colpirà quel prezioso altare tutto intarsiato che ci ricorda che la nostra vita è una continua lotta contro il male per far trionfare il Bene. Saremo anche attirati dagli affreschi della cupola: davanti al Padre, che ci ha donato il suo Figlio Gesù e allo Spirito che illumina, scopriremo un immensa schiera di angeli e di santi che sono in cammino verso la Luce e comprenderemo che la chiesa fatta di sassi che i nostri padri hanno voluto costruire e che noi cerchiamo di conservare non è altro che la casa di Dio e la porta del cielo. Così infatti è scritto sul grande arco che sovrasta il presbitrerio, “ Non est hic aliud nisi Domus Dei et porta coeli”. “Non è questo luogo altro che la Casa di Dio e la porta del Cielo”
Don Antonio Fraquelli Parroco di Albate dal 24 novembre 1991
“Le Chiese in Albate e Trecallo – storia, arte, fede”
La presentazione è organizzata per
lunedì 2 luglio alle ore 21,00
presso la sala della Comunità in Albate, piazza della Chiesa.
Edizioni Agorà, incontri culturali albatesi
ricerche storiche e contributi di prof. Alberto Rovi, mons. Enrico Malinverno, dott.ssa Franca Aiani
ricerche fotografiche: Luigi Zanfrini
progetto grafico ed impaginazione: dott. Guido Rovi
stampato in Albate nel mese di Giugno 2012 da www.sviluppofoto.net
con la collaborazione di Cassa Rurale ed Artigiana di Cantù
la serata sarà introdotta da don Andrea Straffi, direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali ecclesiastici
Non è facile esporre sinteticamente quali obiettivi ci siamo posti nel promuovere questa mostra. Certo, primo tra tutti, quello di aggiungere un’altra tessera a quella ricostruzione della storia di Albate che da tredici anni con pertinace ostinazione cerchiamo di operare, e che ha prodotto, tra le molte iniziative, quella mostra che due anni or sono tanto interesse ed attenzione ha suscitato nella nostra comunità. In questa ricerca abbiamo trovato accanto ancora parecchie persone che hanno vissuto direttamente, in una parte più o meno remota della propria vita, l’esperienza rurale. Abbiamo con pazienza legato i ricordi, forzatamente frammentari e inizialmente sepolti nel velo di obliose lontananze per definire un quadro che fosse il più possibile preciso; certo, ne siamo consapevoli, non completo, perché alcuni aspetti non hanno potuto avere quell’approfondimento che avremmo desiderato (ad esempio i rapporti familiari, il repertorio dei canti o dei racconti tradizionali), ma, con altrettanta certezza sappiamo di poterli integrare con quegli apporti di spunti e di preziose notizie che i visitatori non mancheranno di volerci consegnare. Abbiamo voluto raccontare il tutto con semplicità, quasi per schema, perché questo opuscolo, una «breve guida» appunto, vuole porsi come sommesso commento a quanto diranno i moltisimi oggetti esposti, davvero tanti grazie alla generosa disponibilità di chi ha saputo conservarli o di chi, pochi ormai, ancora li usa: ci parlano essi di attività e di gesti ormai persi, di una vita quotidiana ormai lontana, ma che è stata «la» vita quotidiana di tutta la nostra Albate. Non ci sembra corretto porre qui un confronto tra quella vita e l’attuale: troppo facile (ed ingiusto) sarebbe cadere nella vuota e retorica esaltazione del «buon tempo antico», in una visione unilaterale della realtà. Indubbiamente abbiamo scoperto molti valori che ci sembra giusto richiamare e riproporre, ma il ritorno «sic et simpliciter» al passato ci sembrerebbe operazione antistorica, oltre che impropria agli scopi di questa mostra. Ci preme invece evidenziare le sensazioni emerse in tanti colloqui, che hanno frequentemente lasciato trasparire valutazioni sull’autenticità di quella vita, ma anche sulla durezza e sulla povertà materiale spesso drammatica ed ingiusta, hanno delineato i tratti di una povertà vissuta dai più con dignità severa e serena; sempre hanno espresso un profondo senso di gratitudine per ‘i nost vece’ e per quanto essi avevano lasciato come testimonianza ed insegnamento. È lo stesso senso profondo e commosso che ha preso noi man mano la ricerca andava arricchendosi, scoprendo l’operosità tenace, la semplicità naturale (perché secondo i ritmi della natura), la disponibilità sincera ad inserire la propria vita nella traccia di un Disegno più grande, la dignità, il pudore e il riserbo della propria esperienza, il senso di un’economia che nulla sciupa perché vissuta sull’indispensabilità dell’essenziale. Di tali valori vorremmo che questa mostra fosse messaggio per tutti i visitatori, perché travalicano la contingenza del tempo e del luogo per divenire testimonianza universale di Storia, segno prezioso di una umanità in cammino.
Gli Amici dell’«Agorà, incontri culturali albatesi»
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