1988-Vita contadina in Albate nell’Otto-Novecento
INTRODUZIONE
Non è facile esporre sinteticamente quali obiettivi ci siamo posti nel promuovere questa mostra. Certo, primo tra tutti, quello di aggiungere un’altra tessera a quella ricostruzione della storia di Albate che da tredici anni con pertinace ostinazione cerchiamo di operare, e che ha prodotto, tra le molte iniziative, quella mostra che due anni or sono tanto interesse ed attenzione ha suscitato nella nostra comunità.
In questa ricerca abbiamo trovato accanto ancora parecchie persone che hanno vissuto direttamente, in una parte più o meno remota della propria vita, l’esperienza rurale. Abbiamo con pazienza legato i ricordi, forzatamente frammentari e inizialmente sepolti nel velo di obliose lontananze per definire un quadro che fosse il più possibile preciso; certo, ne siamo consapevoli, non completo, perché alcuni aspetti non hanno potuto avere quell’approfondimento che avremmo desiderato (ad esempio i rapporti familiari, il repertorio dei canti o dei racconti tradizionali), ma, con altrettanta certezza sappiamo di poterli integrare con quegli apporti di spunti e di preziose notizie che i visitatori non mancheranno di volerci consegnare.
Abbiamo voluto raccontare il tutto con semplicità, quasi per schema, perché questo opuscolo, una «breve guida» appunto, vuole porsi come sommesso commento a quanto diranno i moltisimi oggetti esposti, davvero tanti grazie alla generosa disponibilità di chi ha saputo conservarli o di chi, pochi ormai, ancora li usa: ci parlano essi di attività e di gesti ormai persi, di una vita quotidiana ormai lontana, ma che è stata «la» vita quotidiana di tutta la nostra Albate.
Non ci sembra corretto porre qui un confronto tra quella vita e l’attuale: troppo facile (ed ingiusto) sarebbe cadere nella vuota e retorica esaltazione del «buon tempo antico», in una visione unilaterale della realtà. Indubbiamente abbiamo scoperto molti valori che ci sembra giusto richiamare e riproporre, ma il ritorno «sic et simpliciter» al passato ci sembrerebbe operazione antistorica, oltre che impropria agli scopi di questa mostra.
Ci preme invece evidenziare le sensazioni emerse in tanti colloqui, che hanno frequentemente lasciato trasparire valutazioni sull’autenticità di quella vita, ma anche sulla durezza e sulla povertà materiale spesso drammatica ed ingiusta, hanno delineato i tratti di una povertà vissuta dai più con dignità severa e serena; sempre hanno espresso un profondo senso di gratitudine per ‘i nost vece’ e per quanto essi avevano lasciato come testimonianza ed insegnamento.
È lo stesso senso profondo e commosso che ha preso noi man mano la ricerca andava arricchendosi, scoprendo l’operosità tenace, la semplicità naturale (perché secondo i ritmi della natura), la disponibilità sincera ad inserire la propria vita nella traccia di un Disegno più grande, la dignità, il pudore e il riserbo della propria esperienza, il senso di un’economia che nulla sciupa perché vissuta sull’indispensabilità dell’essenziale.
Di tali valori vorremmo che questa mostra fosse messaggio per tutti i visitatori, perché travalicano la contingenza del tempo e del luogo per divenire testimonianza universale di Storia, segno prezioso di una umanità in cammino.
Gli Amici dell’«Agorà, incontri culturali albatesi»